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Il tuo copy ti piace? Allora hai un (grosso) problema!

Quando si scrive copy per sé stessi di solito si oscilla tra due opposti stati d’animo, entrambi deleteri per il successo di una campagna di marketing.

Da un lato c’è lo sconforto del pezzo che non ti convince. Lo leggi e capisci che manca qualcosa e che, nonostante i tuoi sforzi, non ha niente a che vedere con i pezzi dei copywriter che ammiri di più.

Ti viene voglia di mandare a monte la tua campagna e giri per casa borbottando frasi apocalittiche tipo: “Fa schifo, meglio strappare tutto! È troppo difficile, non ci riuscirò mai…”. E giù con autocommiserazione, pensieri negativi e voglia di mollare tutto e darsi all’ippica.

Dall’altro lato c’è l’orgoglio del: “Che pezzo meraviglioso ho scritto! Sono un genio! I clienti cadranno alla prima riga e mi riempiranno di soldi!”. Leggi e rileggi il tuo pezzo e ti viene voglia di dipingere quelle frasi sul muro dell’ufficio, perché siano di ispirazione a tutti i tuoi collaboratori e clienti.

Cammini per strada pavoneggiandoti come se fossi il nuovo Gary Halbert, ma dura poco, perché poi precipiti nello sconforto quando i risultati di vendita ti dimostrano che alla fine non sei stato così bravo come credevi.

Una sorta di doccia scozzese, insomma, che vale soprattutto per chi si sta cimentando da poco in questa disciplina (ma anche i più esperti non sono immuni). In questa alternanza di alti e bassi, oltre al rischio di finire in terapia, c’è anche quello di perdere di vista un nodo cruciale della questione: il tuo copy non deve parlare a te.

Potrà sembrarti strano, ma chi è estremamente critico verso i propri pezzi si trova decisamente in vantaggio rispetto a chi ne è orgoglioso. È portato a mettersi in discussione e a non dare per scontato che quel testo vada bene solo perché è di suo gusto. Gli eccessi sono entrambi controproducenti, ma l’orgoglio è un ostacolo di gran lunga superiore.

In altre parole, se il tuo copy ti piace c’è un problema.

Devi sempre ricordarti la regola d’oro: stai comunicando con il tuo potenziale cliente e quando scrivi dovresti immedesimarti in lui per scegliere le parole giuste e le leve di vendita che hanno più presa.

Tutto ciò è difficile, perché gli esseri umani sono naturalmente portati a pensare che il loro modo di rapportarsi con la realtà sia quello giusto. Sanno, ovviamente, che c’è chi la pensa diversamente da loro, ma non si soffermano mai abbastanza a rifletterci.

Da un punto di vista tecnico, quando leggi il tuo copy utilizzi istintivamente il filtro del tuo “ologramma”.

Se non hai dimestichezza con tale concetto fondamentale per la vendita, ti consiglio di iscriverti più velocemente possibile a Venditore Vincente, in modo da colmare questa lacuna. In linea generale, sintetizzando e banalizzando il concetto al massimo, l’ologramma rappresenta l’immagine che vuoi dare di te stesso e corrisponde a una serie di stimoli che ti spingono a comprare.

Ti faccio un esempio usando la mia ex categoria professionale: gli architetti. Nella mia vita ho avuto a che fare con molti colleghi architetti che hanno un ologramma “prestigio”, vogliono cioè essere percepiti come delle star, dei maestri ecc.

Se un architetto con questo ologramma si mettesse per la prima volta a scrivere copy per proporsi a dei potenziali committenti, probabilmente comporrebbe un testo infarcito di termini eleganti e sofisticati, che mettono in evidenza la raffinatezza delle sue soluzioni progettuali e la sua cultura superiore. Sceglierebbe un lessico ricercato, utilizzando espressioni non di uso comune, perché secondo lui sono d’effetto.

Ma non solo: dopo una prima stesura e rileggendo il suo copy, continuerebbe a modificarlo aumentando sempre di più il divario con il suo modo naturale di parlare in situazioni quotidiane. Ogni rifinitura porterebbe le frasi scritte verso una comunicazione ideale, che fa percepire l’altezza delle sue ambizioni.

Probabilmente il testo finale avrà un tono trionfale, con un ritmo pieno di “crescendo” come se fosse la versione scritta della Cavalcata delle Valchirie di Wagner.

Bellissimo.

Per un romanzo.

Peccato però che stiamo parlando di un testo di vendita e non dell’autobiografia dell’architetto.

Bisogna capire infatti che tipo di ologramma ha il cliente a cui è destinata questa comunicazione, e che quasi sicuramente non è lo stesso di chi scrive.

Potrebbe per esempio essere un ologramma “affetto”, e quindi non provare tutto questo interesse per soluzioni architettoniche uniche e prestigiose, né per termini ricercati da rivista di design.

Vuole invece sapere che in quella casa i suoi figli potranno crescere felici, i suoi amici si sentiranno a loro agio e lui sarà riconosciuto e stimato come una persona premurosa, accogliente e che farebbe di tutto per far star bene le persone che ama.

Tale tipo di ologramma è attirato da frasi semplici e amichevoli, da un tono leggero e confidenziale che lo proietti mentalmente nella sua vita ideale, in cui le altre persone hanno un ruolo importante.

Ecco quindi che il pezzo di copy scritto dall’architetto ha avuto solo lo scopo di allietare l’autore, che ha provato piacere nel rileggerlo e nello specchiarsi in quelle pagine. Non possiamo nemmeno definirlo copy, perché non rispetta le regole base della vendita: è un po’ come una pagina di un diario camuffata da sales letter.

Il super potere di un copywriter non è tanto saper scrivere bene in italiano, ma essere in grado di entrare nella mente del cliente finale e creare testi che abbiano un impatto sul target.

Uno degli insegnamenti fondamentali che noi senior di Metodo Merenda cerchiamo di trasmettere a chi si affida a noi per la realizzazione delle proprie campagne è proprio questo: “Il copy che scriveremo per te non deve piacerti. Deve vendere”. Un concetto apparentemente semplicissimo da capire, ma che si scontra con la voglia di alcuni imprenditori di sentirsi “rappresentati” dal proprio copy.

Purtroppo non funziona così: i tuoi testi non devono parlare A te e non devono nemmeno parlare DI te. Il centro di tutto è il tuo cliente.

Finora ti ho fatto un discorso legato agli aspetti più superficiali del testo, dello stile di scrittura, del lessico, del ritmo; va da sé però che i contenuti sono altrettanto importanti. Se usi lo stile corretto, ma poi non sei in grado di toccare le corde giuste, hai fatto un lavoro a metà.

Per questo l’analisi del target è la fase più importante della scrittura. Può sembrare strano, nell’immaginario comune un copywriter è colui che scrive, scrive e scrive, con dita rapide che corrono sulla tastiera e pagine prodotte a velocità supersonica.

Ti svelo un segreto: la maggior parte del lavoro si fa PRIMA di scrivere, quando si studia il destinatario della comunicazione. Oltre a elementi basilari come genere, età, provenienza, livello di istruzione, patrimonio e abitudini d’acquisto, vanno analizzati il suo ologramma, i suoi riferimenti culturali, le sue paure, i suoi desideri, le sue ambizioni ecc.

Non solo, occorre valutare le potenziali obiezioni alla vendita, gli ostacoli che deve affrontare in famiglia, le rassicurazioni di cui ha bisogno e tutte le possibili strategie che metteresti in campo se dovessi fare una trattativa dal vivo, applicando il “trenino” di Venditore Vincente.

Inoltre, occorre approfondire la sua “storia” come acquirente. Che livello di consapevolezza ha rispetto al tuo prodotto o servizio? Ha già provato altre soluzioni? In che cosa è stato deluso dagli altri?

Solo così troverai il modo di fare breccia nelle sue convinzioni e farti percepire, attraverso il tuo copy, come la soluzione ideale per il suo specifico problema.

Lo so, è molto più bella e romantica l’immagine del copywriter che scrive sull’onda dell’ispirazione, magari chiudendosi in casa a lume di candela e sentendosi un po’ Giacomo Leopardi. L’idea di impiegare tempo ed energie per studiare, leggere, spulciare le recensioni della concorrenza, i forum di settore, i social e tutte le possibili fonti di informazioni sul cliente è molto meno attraente.

Questa però è la differenza tra essere uno scribacchino (neanche uno scrittore, perché si tratta di una professione per cui lo studio è indispensabile) e un copywriter. Ma soprattutto, è la differenza tra una campagna che ti porta risultati e una che ti fa solo spendere soldi.

Il tempo che impieghi nel capire chi leggerà il tuo testo ed entrare nella sua testa e nel suo linguaggio mentale corrisponde a ore e denaro risparmiati in maniera esponenziale. Come sai, fare marketing non è gratis e nessuna campagna rende al 100% già dal giorno uno.

Serve un investimento sia in termini di tempo che di risorse economiche, perciò è davvero importante che il tuo copy inizi a produrre risultati nell’immediato e richieda il numero minore possibile di aggiustamenti e modifiche in corso d’opera (che saranno comunque sempre indispensabili).

Quindi metti da parte il tuo desiderio di rispecchiarti nei tuoi testi e non affidarti al tuo gusto personale. Studia il copy con impegno, sforzati di pensare come il tuo cliente e non dimenticare di far leggere i tuoi materiali a qualcuno che sia più obiettivo (e magari più esperto) di te.

Per scoprire tutti i segreti che si nascondono dietro un pezzo di copy “che vende”, io, insieme ai miei colleghi, ti aspetto in aula alla prossima edizione di SCRiVENDA. Scopri tutti i dettagli cliccando qui

 

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